Enrico Mattei racconta un aneddoto che lo ha ispirato nella sua carriera:
Mi stavo togliendo uno stivale, e vedevo questi due cani, che erano dentro con la testa nel catino, e seguitavano a mangiare con voracità. Era una zuppa che forse bastava per cinque cani, non per due. In quel momento, in un angolo sentii un miagolio, e vidi arrivare un gattino grande così; uno di quei gattini dei contadini: magri, affamati, deboli. Aveva una gran paura, si vedeva: perchè vedeva i cani. Però aveva anche una gran fame. E si avvicinò piano piano, miagolando, guardando i cani, e siccome i cani erano immersi con la testa nel catino, il gattino seguitava ad avanzare. Arrivò sotto il catino, guardò ancora i cani, fece un miagolio — i cani erano dentro che mangiavano — e appoggiò lo zampino all’orlo del catino. Il bracco tedesco gli diede un colpo, lanciando questo gattino a tre o quattro metri di distanza, con la spina dorsale rotta. Il gattino visse qualche minuto, e morì. Questo episodio mi fece una grande impressione, e l’ho sempre ricordato, specialmente in questi anni. Siamo stati il gattino per i primi anni: avendo contro una massa di interessi paurosa. Contro di noi si è sollevata una polemica terribile. E abbiamo seguitato a lavorare, a rafforzarci, cercando di non farci colpire. Il tentativo era o di soffocarci o di lasciarci deboli. Piano piano ci siamo rafforzati, lavorando con tenacia, e oggi il gruppo ENI è una grossa forza: è una grande impresa. Una grande impresa che può guardare al futuro con tranquillità, e che può fronteggiare vittoriosamente la grande coalizione dei colossi petroliferi.